Coyote: the Mike Plant story, il più bel film sulla vela di tutti i tempi

Un film-documentario osannato negli USA come tra i più belli di sempre sulla vela, Coyote: the Mike Plant Story racconta la vita, le imprese e la fine di Mike Plant, il più famoso navigatore solitario statunitense della sua generazione.

Vincitore di un BOC Challenge, protagonista di un incredibile Vendée Globe, prima di svanire nel naufragio del suo nuovo 60 piedi: Coyote.

L’intervista di Josh Post a Thomas Simmons, regista del film Coyote: the Mike Plant story

Sailing Anarchy, per quello che puo’ valere, lo ha definito “il più bel film di sempre sulla vela”, molti commentatori USA, scrittori, giornalisti e amici di Mike Plant concordano. Coyote – è il titolo del film-documentario – racconta la storia (dai risvolti spesso incredibili) di Mike Plant. “Questo film avrebbe cambiato le mie prospettive sulla vita, se non le avessi già cambiate da solo”, ha scritto Brian Hancock, giornalista, velista e amico di Mike. BOC Challenge (il giro del mondo a tappe) e Vendée Globe (quello senza scalo) sono le due imprese centrali nella storia del Mike Plant velista, ma nel film si racconta anche il Plant uomo, la sua infanzia, le sue scelte spesso radicali, la sua infatuazione per l’avventura e quindi la scelta della vela e degli oceani.

Mike, ancora senza sponsor e con l’aiuto di amici e famigliari, si costruì un 50 piedi oceanico innovativo disegnato da Roger Martin. Non aveva esperienza di navigazione in solitario, non aveva soldi, voleva però con tutte le sue forze fare quella regata, il giro del mondo BOC Challenge 1986-87, con partenza da Newport, con il corollario di voler battere tutti i grandi navigatori dell’epoca (ovviamente tutti francesi). Il messaggio del film è chiaro: se hai un sogno e lavori duro per realizzarlo, non importa quanto irrealistico e ambizioso esso sia, alla fine potrai realizzarlo.

Mike riuscì appena in tempo a completare la qualifica attraversando l’Atlantico, con le unghie e con i denti prese il via del BOC Challenge e alla fine vinse Classe 2 contro una serie di fortissimi skipper di enorme esperienza.

Successivo obiettivo: il Vendée Globe 1989-90, la prima edizione della regata senza scalo e senza assistenza, al quale partecipa con il 60 piedi Duracell.

E’ in questa occasione che si rivela pienamente il vero carattere di Plant. A seguito di bruttissima tempesta negli oceani del sud, Mike decide di fermare la barca per delle riparazioni in una piccola baia di Campbell Island, nel sud della Nuova Zelanda. Sfortunatamente l’ancora ara e Duracell finisce sugli scogli.

La scena è vista da un gruppo di meteorologi neozelandesi che accorrono in soccorso di Mike. Nel farlo “toccano” la barca, e questo porta automaticamente alla squalifica secondo le regole del VG.

I kiwi promettono a Mike che non riveleranno mai di averlo aiutato, ma lui non vuole vivere nella bugia, chiama la direzione della corsa e si auto-denuncia, venendo squalificato.

Completerà il giro del mondo e sarà accolto da trionfatore a Les Sables d’Olonne, nell’edizione vinta da Titouan Lamazou, davanti a Van den Heede e a Philippe Poupon (!), e nella quale si ritira anche l’unico italiano al via, Vittorio Malingri (timone rotto prima di Capo Horn). Quanti di noi avrebbero seguito lo stesso comportamento di Plant, specialmente al giorno d’oggi e con tutto il lavoro fatto per preparare la barca?

Il film ha molte immagini inedite e belle di navigazione d’altomare a vela, ma le parti migliori sono le interviste con le persone che hanno conosciuto Mike e lo raccontano, come Roger Martin, il fotografo Billy Black, Ken Read che al tempo lavorava alla North Sails, il giornalista Herb McCormick, i suoi famigliari e amici.

Nonostante la squalifica Mike Plant era determinato a una nuova sfida, nuova barca e un altro Vendée Globe, col pallino di battere i francesi. Costruì un nuovo IMOCA 60, Coyote.

Nel film la fidanzata di Mike spiega il motivo del nome: “Mike era molto spirituale, e Coyote è indicativo di chi viaggia da solo e si nutre con parsimonia.”

Ancora si discute molto su quanto accadde nell’ultimo capitolo della vita di Mike Plant.

Stava attraversando l’Atlantico verso la Francia per la partenza del Vendée Globe, quando il bulbo di Coyote si staccò, la barca scuffiò, e Mike fu disperso in mare.

Molte speculazioni nei mesi a seguire raccontarono che al momento del varo la barca toccò col bulbo il fondo del bacino dove fu immersa, e che questo causò un danno che alla lunga ha indebolito il bulbo fino al distacco.

“Ma certe volte – scrive Hancock – troppe speculazioni non sono una cosa buona. Il bulbo si ruppe, la barca scuffiò istantaneamente, e di Mike si perse ogni traccia. Questa è la storia.”

L’eredità di Mike Plant è già forte nell’ambiente della vela, ma questo film la estende alla cultura americana. Mike fu un’icona.

Come scrisse il New York Times: “Mike Plant sta allo yachting come James Dean sta al cinema.” Non serve altro per convincersi a vedere il film.

Fonte ansa.it Leggi tutto

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